mercoledì 2 novembre 2016

Un altro splendido sabato sera.

Qualche tempo fa, era un normalissimo sabato di settembre.
Finisco di lavorare, scappo in macchina e corro a casa a ficcarmi sotto la doccia, per poi raggiungere i miei amici in tempo record, al solito bar.
Cocktail scoppiato in tre minuti netti e già la serata prende una piega che inizia a piacermi. Casualmente mi capita tra le mani uno sbruffaldone di quelli potenti, quelli che basta giusto il profumo per capire che si parla di cose di qualità e inizio a fumare; subito mi prende alla testa ma va tutto bene, è cosa buona e giusta e finalmente inizio a rilassarmi, dopo una serata passata a lavare piatti e, occasionalmente, cucinare.
Bono sto coso oh, son sempre più preso bene. Mi avvicino al bancone del bar e bofonchio qualcosa che potrebbe assomigliare a una richiesta di birra, che sento una certa secchezza alla gola.
Poi inizia piano piano.
C'è quel momento in cui ti stai godendo il relax, quell'esatto momento, lo zenith assoluto, in cui ti senti in pace con te stesso e col mondo ed io sono esattamente lì, placido.
Solo che piano piano mi accorgo che il relax inizia ad essere, paradossalmente, troppo.
La testa inzia a girare e mi sento CALDO, ma un CALDO DEL FOTTUTO INFERNO, tanto che comincio a sudare. Però non è che fa esattamente tutto 'sto caldo in strada e, non appena questo pensiero raggiunge il mio cervello oramai quasi completamente andato, ecco arrivare una vampata di freddo che mi fa tremare dalle punte dei capelli alle unghie dei piedi. Percepisco distintamente la pelle che perde colorito, mentre del sudore gelido mi cola sul viso e ogni tanto dei brividi di caldo mi fanno venire uno di quei mal di testa che ti prendono, attraversandoti il capo come uno stiletto  dal cervelletto, fino a dietro la pupilla.
Cristo se era buona sta roba.
Sento una fitta all'intestino, mi siedo, mi rialzo, inizio a sentirmi davvero, ma davvero male.
Altra fitta all'intestino.
Okay, devo cagare.
Per forza così.
Farla nel cesso del bar neanche se ne parla, perché sembra che la gente, nei bar, si diverta a pisciare ovunque tranne che dentro la tazza e oltre tutto non c'è la carta.
Le chiavi ce le ho, prendo la macchina e torno a casa.
Le fitte si fanno più forti, io pesto sull'acceleratore e, in questo stato di semi delirio, scanso due posti di blocco senza colpo ferire.
Arrivo a casa che mi tremano talmente le mani, da non riuscire a infilare le chiavi nella toppa. Mai stato così di merda - letteralmente parlando.
In qualche modo, riesco a tenere ferme le dita il tanto che basta da girare le chiavi nella serratura e aprire il portone. Butto via la giacca da qualche parte, le chiavi finiscono per terra appena varcata la soglia e mi fiondo in bagno come se mi stesse inseguendo Jason Voorhees in persona con un machete gocciolante di sangue. Slaccio la cintura, abbasso i pantaloni ed è il paradiso.
Subito mi sento bene, il cervello riprende immediatamente a ragionare, le sinapsi si collegano con i neuroni che a loro volta mandano gli impulsi elettrici giusti e i sudori passano prima della seconda scarica. Lì capisco che la pizza a cena non è stata una buona idea, per me che sono intollerante al lattosio.
Sto bene, sono in pace col mondo ora. Va tutto bene.

Mi allungo per prendere la carta igienica ma c'è qualcosa di strano: hoybò com'è che non ci arrivo?
Allungo ancora di più la mano, fino a che non afferro il rotolo mentre penso: "Ma cosa cazzo succede?"
Poi mi guardo attorno; volto la testa a sinistra e vedo la tazza, immacolata, intonsa. E lì tutto mi è finalmente chiaro: ho appena cagato nel bidet.

Dopo una sequela di bestemmie che farebbero impallidire satana, mi pulisco e cerco di raccapezzarmi con la montagna di merda formato tortilla che ho mollato nella tazza sbagliata.
Guanti, sgrassatore, varechina e mi sembra di essere tornato a quando facevo tirocinio in ospedale, quando pulivo merda per otto ore al giorno.
Me la prendo comoda proprio per fare un lavoro perfetto e alla fine lascio tutto immacolato.

Mi lavo le mani e a quel punto mi accorgo che, vabè, mi è venuta fame. Guardo l'ora: l'una e un quarto. Sono stato via quarantacinque minuti però e se tornando mi fermo dal kebabbaro, sicuro come l'attacco di merda che ho appena rilasciato nel mondo, ci metto un'altra mezzora. Troppo.
Apro il frigo e tiro fuori un pezzo di salsiccia secca. La spello, agguanto un pezzo di pane ed ecco il mio spuntino notturno.
Recupero giacca e chiavi, risalgo in macchina e mi metto in marcia per tornare dagli altri.
Dò un secondo morso al pane e alla salsiccia e, mentre sto masticando, sento un CRUNK provenire dal lato sinistro della bocca. Nessun dolore, solo quell'orribile schiocco che mi rimbomba ancora nel cervello.
Inghiotto il boccone e con la lingua inizio a controllare che sia tutto a posto; è a quel punto che mi accorgo che ho un dente che si è appena spaccato esattamente a metà, longitudinalmente.
Finisco di mangiare tra una bestemmia e l'altra e raggiungo i miei amici.

Finiremo la serata a recuperare gente ubriaca che scappa in pineta, mentre altra gente la insegue urlando e bestemmiando; gente ubriaca che non riesce a fare tre passi senza cadere a culo a terra o a sbattersi contro le aiuole e gente con fame alcolica che vuol mangiare kebab alle sei del mattino, come colazione.

Non è che un altro splendido sabato sera.

1 commento:

  1. sabato fortunato ... ce ne sono di peggiori, ti è andata bene nonostante tutto

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